Net neutrality cancellata dalla Federal Communications Commission: quale futuro per Internet?

2018-01-23

di Nicola Pisciavino - 23 gennaio 2018

«Governi del mondo industriale, voi noiosi giganti della carne e dell’acciaio, io vengo dal Cyberspazio, la nuova casa della mente. Nell’interesse del futuro chiedo a voi, che fate parte del passato, di lasciarci soli. Non siete benvenuti fra di noi. Non avete sovranità dove noi ci riuniamo. […] Il Cyberspazio è un atto della natura, e cresce da solo, attraverso le nostre azioni collettive. […] Non conoscete la nostra cultura, la nostra etica o le regole non scritte. […] Dite che fra di noi ci sono dei problemi che avete bisogno di risolvere. Usate questo proclama come una scusa per invadere i nostri confini […]». Era il 1996 quando John Perry Barlow scrisse la Dichiarazione d’Indipendenza del Cyberspazio, a pochi anni di distanza dall’invenzione del World Wide Web (W.W.W) da parte di Tim Berners-Lee. Uno spazio aperto al libero scambio di idee e informazioni senza discriminazioni, nel quale trasformare, con poche risorse, delle semplici idee in progetti di grande successo facendo leva sulla capacità trasmissiva della rete. Di recente, il padre del web, Berners-Lee, ha sottolineato che il sistema sta fallendo perché c’è un brutto vento che soffia, alimentato dalla proliferazione delle fake news e dal ripensamento sulla neutralità della rete.

Cosa si intende per neutralità della rete?

Il termine «network neutrality» è stato coniato da Tim Wu per descrivere una policy tesa ad assicurare che Internet non avvantaggi un content provider rispetto ad altri (T. Wu, Network Neutrality, Broadband Discrimination, Journal on Telecommunications & High Technology Law 2 (1), 2003, 145; C.T. Marsden, Net neutrality: towards a co-regulatory solution, Londra, 2010). Un modello di gestione che tratta il traffico senza alcuna forma di discriminazione in ragione del tipo, del volume, dell’origine o della destinazione dei dati veicolati in rete. A tale modello si contrappone la broadband discrimation, con cui gli Internet Service Providers (ISPs) pongono in essere operazioni di traffic management che razionalizzano l’accesso alla rete, mediante il rallentamento della circolazione dei dati (degradation), il blocco di dati o applicazioni (blocking), la prioritarizzazione di determinati dati rispetto ad altri (prioritarization). Per fare questo, procedono ad una deep packet inspection, con cui vengono a conoscenza del contenuto dei pacchetti. Come se le tradizionali poste aprissero il contenuto della busta o del pacco e, in base al contenuto, decidessero di scartarli o consegnarli in ritardo.

Non si tratta di un problema marginale visto che Internet «has become an indispensable tool for realizing a range of human rights, combating inequality, and accelerating development and human progress, ensuring universal access to the Internet should be a priority for all States» (General Assembly of United Nations, Report of the Special Rapporteur on the promotion and protection of the right to freedom of opinion and expression, 16 maggio 2011, 22).

Di recente, negli Stati Uniti, il ripensamento sulla neutralità della rete è culminato con l’adozione da parte della Federal Communications Commission (FCC) del final net neutrality repeal order, votato il 14 dicembre 2017.

Per comprendere appieno il punto di approdo occorre ricostruire, senza pretesa di esaustività, il percorso che ha portato all’adozione del provvedimento da parte della FCC, partendo dal momento in cui la net neutrality ha smesso di essere una semplice proposta accademica ed è entrata a far parte dell’ordinamento giuridico americano. Si tratta del caso riguardante la piccola compagnia telefonica Madison River che ha impedito ai propri abbonati di effettuare telefonate usando l'applicazione Vonage. Vonage era una concorrente nel mercato telefonico e, di conseguenza, l'azione di Madison River è stata sanzionata dalla Federal Communications Commission, allora guidata dal repubblicano Michael Powell.

Nel 2005, la Federal Communications Commission, con il policy statement, ha delineato i principi generali con cui rendere le reti a banda larga aperte e accessibili a tutti «to preserve and promote the open and interconnected nature of the public Internet».

Successivamente, nel 2008, la FCC è intervenuta nei confronti di Comcast, un operatore verticalmente integrato che forniva agli utenti finali sia l’accesso a Internet sia il servizio televisivo via cavo. Per favorire quest’ultimo servizio, ha rallentato la velocità dell’applicazione (peer to peer) che consentiva agli utenti la visione gratuita dei film in file-sharing. La FCC ha ordinato di interrompere tale pratica, desumendo la propria legittimazione ad intervenire dal Title II del Communication Act, considerando gli Internet Service Providers (ISPs) alla stregua dei common carriers. Comcast ha agito in giudizio e la Court of Appeals for the District of Columbia Circuit (n. 08-1291, April 6, 2010) ha annullato l’ordine della Federal Communication Commission per carenza di potere affermando che «the Commission has failed to tie its assertion of ancillary authority over Comcast’s Internet service to any ‘statutory mandated responsability’».

Nel dicembre 2010, sulla base della delega volta a incoraggiare «the deployment of advanced telecommunications capability by utilizing, in a manner consistent with the public interest, convenience, and necessity, various tools», contenuta nella sez. 706 del Telecommunications act 1996, la FCC ha adottato delle nuove regole con il Report and order. Questa volta, è stata la Court of Appeals for the District of Columbia Circuit (D.C. Circuit in Verizon v. FCC, 740 F.3d 623) ad annullare, nel 2014, l’ordine della FCC, nuovamente per carenza di potere, sottolineando, però, l’importanza di Internet, come spazio aperto, che «drives a ‘virtuous cycle’ in which innovations at the edges of the network enhance Consumer demand, leading to expanded investments in broadband infrastructure that, in turn, spark new innovations at the edge».

La FCC ha posto un freno ai comportamenti discriminatori adottando, nel 2015, il Report and Order on Remand, Declaratory Ruling, and Order. Con tale provvedimento, la Commissione ha rivendicato l’importanza della protezione della neutralità della rete vietando di bloccare o rallentare il traffico web ovvero di addebitare tariffe più elevate in cambio di una fast lane. Inoltre, ha classificato gli ISPs come communication services, rientranti nell’ambito del Title II del Communications Act del 1934, considerandoli come common carriers, assimilandoli ai fornitori di servizi pubblici essenziali, con un regime regolatorio definito «heavy-handed, utility style». Tale provvedimento è stato confermato dalla Washington-based U.S. Court of Appeals che ha riconosciuto che gli ISPs operano «as neutral, indiscriminate platforms for transmission of speech».

Il cambio di rotta si è avuto nel gennaio 2017 con la nomina di Ajit Pai, che ha considerato un errore il provvedimento del 2015, in quanto non si stava vivendo una digital dystopia. Già nel novembre 2014, il Presidente Trump scrisse in un tweet: «Obama’s attack on the internet is another top down power grab. Net neutrality is the Fairness Doctrine. Will target conservative media».

Nel maggio 2017, dopo che Pai ha proposto l'idea di eliminare l’order del 2015, la rete si è mobilitata, ma la FCC non ne ha tenuto conto; la stessa cosa è accaduta anche per la consultazione pubblica cui è stato sottoposto l’order poiché circa 7,5 milioni di commenti identici sono stati scritti da 45.000 indirizzi mail creati da un sito web che genera caselle di posta elettronica false.

Col provvedimento votato il 14 dicembre 2017 e pubblicato il 4 gennaio 2018, i fornitori di servizi di banda larga non sono più assimilati ai fornitori di servizi pubblici essenziali, come acqua ed energia elettrica (Title II), ma come information services ricadenti sotto il Title I del Communications Act. Si tratta di un ritorno al «light-touch Title I framework», secondo Pai, che darà maggiori incentivi per costruire reti ai fornitori di banda larga, i quali, tra l’altro, potranno bloccare, rallentare o dare priorità ad alcuni contenuti o servizi purché ne diano comunicazione alla FCC. Ha aggiunto, inoltre, che la strada intrapresa ora è quella giusta per ristabilire la internet freedom che è diversa dalla internet freedom with government control, voluta da Obama nel 2015.

Di diverso avviso il commissario democratico della FCC Jessica Rosenworcel che ha ribadito l’importanza di uno spazio aperto e libero, in cui «creare senza permessi, costruire una community al di là dei limiti geografici, organizzare senza vincoli fisici, accedere ai contenuti in qualsiasi momento e ovunque, e condividere idee, non solo dietro l'angolo, ma in tutto il mondo»; ha aggiunto che, in realtà, il provvedimento adottato dalla FCC va nella direzione opposta in quanto attribuisce ai fornitori di servizi a banda larga «il potere di bloccare i siti Web, di limitare i servizi e di censurare i contenuti online, nonché il diritto di discriminare e favorire il traffico internet di quelle società con cui hanno accordi pay-for-play».

Nonostante il monito del Commissario O’Rielly ad evitare di intervenire con norme statali o locali in ragione del fatto che il servizio di banda larga è un servizio di informazione interstatale e che, di conseguenza, sarà soggetto ad un «uniform, national framework that promotes investment and innovation», in ossequio alla Constitution’s Commerce Clause, non sono mancate le reazioni da parte dei singoli Stati. Sin da subito, il senatore californiano Scott Wiener è stato chiaro: «if the FCC won’t stand up for a free and open internet, California will».

La California è intervenuta introducendo una norma a tutela della net neutrality, come confermato via twitter da Wiener, il quale, pur riconoscendo che in un mondo ideale dovrebbe essere disciplinata a livello federale, ha sottolineato che «the federal government’s going to abdicate, then we need to take action, and I’m glad that a number of states are looking at this». Il 24 gennaio 2018, Andrew Cuomo, Governatore di New York, ha adottato un executive order a tutela della neutralità della rete in quanto «internet in an essential service that should be available to all New Yorkers». 

In conclusione, si può affermare che il provvedimento della FCC è destinato a cambiare l’architettura della rete, così come l’abbiamo conosciuta finora. Nuovi equilibri verranno a crearsi tra gli operatori economici. Prima che ciò accada, però, Trump, la FCC e i repubblicani dovranno fare i conti con i difensori della neutralità della rete che hanno avviato una battaglia legale, con a capo il Procuratore generale di New York, Eric Schneiderman, secondo il quale il final net neutrality repeal order contiene molti profili di dubbia costituzionalità. Ancora una volta, toccherà ai giudici dirimere la questione.