Lo shutdown 2025 tra narrazione ed emergenza finanziaria

2025-11-10

1. Lo shutdown federale del 2025, scattato alla mezzanotte del 30 settembre, rischia di essere una delle crisi più gravi e prolungate nella storia costituzionale recente degli Stati Uniti. L’impasse si è prodotta a seguito del mancato rinnovo della continuing resolution che avrebbe consentito di finanziare temporaneamente le attività del governo federale oltre l’inizio dell’anno fiscale 2026[1]. In assenza di un accordo sui dodici appropriation bills, l’amministrazione è stata costretta a sospendere i programmi non essenziali in conformità all’Antideficiency Act (31 U.S.C. § 1341 ss.), avviando la più vasta interruzione di servizi pubblici dal 2019.

La genesi della crisi va ricercata nel clima politico successivo alle elezioni di metà mandato del 2024, che hanno consegnato al Partito Repubblicano una maggioranza risicata alla Camera dei Rappresentanti e un Senato in cui nessuna delle due parti in gioco è in grado di superare l’ostruzionismo dell’altra.

A partire dall’estate del 2025, i negoziati per il bilancio si sono arenati su tre punti chiave: la richiesta repubblicana di tagliare circa 120 miliardi di dollari in programmi sociali e ambientali; la sospensione di nuove assunzioni nel settore pubblico; e la cancellazione di alcuni fondi federali destinati all’attuazione del Affordable Care Act. La Casa Bianca, guidata dal Presidente Trump, ha sostenuto integralmente la linea della Camera, respingendo qualsiasi clean continuing resolution proposta dal Senato democratico.

Nei giorni immediatamente precedenti al blocco, il Senato ha tentato più volte di approvare una misura temporanea di finanziamento, ma il filibuster – l’ostruzionismo parlamentare che impone una soglia di 60 voti per la cloture – ha impedito di superare l’opposizione democratica. I tentativi di cloture tra il 28 e il 30 settembre si sono conclusi con 54 voti favorevoli e 46 contrari, insufficienti a raggiungere la maggioranza qualificata richiesta. Lo stesso Presidente ha pubblicamente invitato i senatori repubblicani a «resistere fino alla vittoria», sostenendo che «il filibuster deve cadere se vogliamo un governo efficiente»[2]. In un (nuovo) rovesciamento simbolico del discorso istituzionale, Trump ha presentato l’ostruzionismo non come strumento di garanzia minoritaria, ma come ostacolo alla sovranità popolare.

Il blocco amministrativo ha avuto effetti immediati e diffusi. Oltre 900.000 dipendenti federali sono stati posti in congedo senza stipendio (furlough), mentre altri 2 milioni – in settori considerati essenziali, come difesa, trasporti e sicurezza – continuano a lavorare senza compenso immediato. Circa 30 agenzie federali hanno sospeso i servizi al pubblico, inclusi i parchi nazionali, i musei Smithsonian, e gran parte delle attività dell’Environmental Protection Agency. Il Dipartimento della Giustizia ha annunciato il rinvio di oltre 5.000 udienze amministrative, mentre l’Internal Revenue Service ha sospeso le verifiche ordinarie.

Secondo le stime del Congressional Budget Office, il costo economico diretto dello shutdown – in termini di PIL perso e mancati salari – supera i 12 miliardi di dollari dopo il primo mese, con proiezioni che indicano una possibile perdita complessiva di 20-25 miliardi in caso di protrazione oltre le sei settimane[3]. Le agenzie di rating hanno segnalato rischi di contrazione della fiducia dei mercati, e la Federal Reserve ha avvertito che l’incertezza fiscale potrebbe incidere negativamente sulle decisioni di investimento per l’anno successivo[4].

 

2. Sul piano politico, le trattative per lo sblocco si sono concentrate nel Senato, dove il leader democratico Chuck Schumer ha cercato di promuovere una risoluzione ibrida che includesse una riduzione simbolica della spesa e la riapertura temporanea delle agenzie fino a dicembre. Tuttavia, la proposta è stata respinta dai repubblicani, guidati dallo Speaker della Camera Mike Johnson.

Nel frattempo, il Presidente Trump ha scelto una strategia di comunicazione diretta con l’opinione pubblica: conferenze stampa quotidiane, brevi messaggi sui social e una narrativa incentrata sull’idea che «i Democratici hanno chiuso il governo per proteggere la spesa inutile». Il 2 ottobre, sul sito web della Casa Bianca, è stata attivato un Government Shutdown Clock, che mostra in tempo reale la durata della chiusura con un contatore e un testo che attribuisce esplicitamente ai Democratici la responsabilità del blocco: «Democrat leaders rejected a clean continuing resolution – Americans deserve better». Il sito è stato rilanciato sui profili ufficiali del Presidente e dei membri del governo, diventando il fulcro di una campagna comunicativa coordinata che trasforma la crisi istituzionale in un dispositivo di mobilitazione politica.

Con il passare delle settimane, la crisi ha assunto un carattere di scontro di legittimità più che di bilancio. Da un lato, il Congresso rivendica la propria prerogativa costituzionale di controllo della spesa pubblica (Art. I, Sez. 9 della Costituzione: «No money shall be drawn from the Treasury, but in consequence of appropriations made by law»); dall’altro, l’Esecutivo si presenta come vittima dell’ostruzionismo parlamentare, ribaltando così la logica dell’assembly dominance che caratterizza il modello di public budget statunitense.

Il 5 novembre 2025, lo shutdown, con 36 giorni di durata, è divenuto ufficialmente il più lungo della storia americana, superando quello del 2018-2019 (35 giorni). I negoziati in corso mirano a una soluzione di compromesso: un accordo provvisorio di sei settimane che rifinanzi l’amministrazione al livello dell’anno precedente, in cambio dell’apertura di un tavolo di revisione strutturale della spesa. Tuttavia, sembra che la Casa Bianca voglia condizionare la firma del Presidente all’abolizione del meccanismo del filibuster al Senato. Una richiesta cui anche i senatori repubblicani si mostrano riluttanti, per timore di rappresaglie legislative dalla parte avversa, quando gli equilibri numerici si invertiranno[5].

Nel frattempo, le conseguenze sociali si fanno tangibili: ritardi nei pagamenti del programma SNAP e delle pensioni militari, contrazione dei servizi sanitari di emergenza, blocco di permessi edilizi e ritardi nelle procedure di visti e immigrazione. Il Dipartimento del Tesoro ha stimato che ogni settimana di chiusura comporti una perdita di circa 0,1 punti percentuali di PIL, con un effetto cumulativo che potrebbe superare quello delle precedenti crisi combinate.

 

3. In sintesi, la crisi del 2025 non è soltanto una disputa di bilancio: è l’espressione di un mutamento costituzionale in atto, in cui l’equilibrio dei poteri previsto dai Founding Fathers viene ridefinito attraverso la comunicazione politica. Il funding gap non è più un’anomalia, ma un linguaggio istituzionale alternativo: il luogo in cui il Presidente misura, letteralmente – in ore e minuti sullo Shutdown Clock – la durata della sua contesa con il Congresso.

La crisi del 2025 non si distingue soltanto per la sua durata, ma soprattutto per la sua funzione politico-costituzionale. Laddove in passato lo shutdown rappresentava un incidente episodico del processo di bilancio, oggi esso si presenta come una modalità ricorrente e quasi fisiologica di regolazione del conflitto tra i poteri. Il regular order, ossia la sequenza ordinata di approvazione della legge di spesa, è stato progressivamente sostituito da un permanent disorder che si ripete con cadenza quasi rituale a ogni ciclo di appropriations.

Questo passaggio da evento patologico a procedura normalizzata è il segno di una trasformazione strutturale della forma di governo americana, nella quale il funding gap funge da meccanismo surrogato di responsabilità politica. Così, il processo di bilancio – nato per razionalizzare la finanza pubblica e per garantire l’accountability dell’esecutivo – è oggi il luogo della sua politicizzazione estrema.

Lo shutdown del 2025 è la manifestazione di un sistema che ha istituzionalizzato la propria eccezione, e in cui, dunque, la regolarità del disordine non è più una contraddizione, ma una categoria autonoma dell’esperienza costituzionale americana.

Con tutti gli effetti indesiderati che derivano (anche) dalla combinazione con la comunicazione manipolativa del Presidente Trump. Se, infatti, il Congresso utilizza la leva finanziaria per riaffermare la propria supremazia sull’amministrazione, conservando la prerogativa formale della spesa, l’Esecutivo ne conquista la centralità simbolica e comunicativa. Il Presidente, privato del potere di spesa ma dotato di un potere di narrazione senza precedenti, trasforma la crisi in uno strumento di legittimazione diretta. La Casa Bianca, attraverso il Government Shutdown Clock, non misura soltanto il tempo dell’emergenza, ma costruisce un discorso politico che ridisegna il confine tra istituzione e propaganda.

Non sono mancate accuse per presunta violazione del Hatch Act, la legge che vieta ai funzionari pubblici di utilizzare risorse governative a fini politici. Diverse organizzazioni per la trasparenza amministrativa – tra cui la Democracy Defenders Fund e il Project on Government Oversight (POGO) – hanno presentato reclami formali al Government Accountability Office (GAO) e all’Office of Special Counsel (OSC), denunciando una campagna di comunicazione coordinata tra vari dipartimenti federali che, nei giorni immediatamente successivi alla chiusura, avrebbero diffuso messaggi politicamente orientati contro il Partito Democratico.

Su alcuni siti istituzionali – in particolare quelli del Department of Housing and Urban Development (HUD), del Department of Health and Human Services (HHS) e del Department of Veterans Affairs (VA) – erano infatti apparsi banner e comunicati che recitavano slogan come «Radical Left Democrats shut down the government». In parallelo, e-mail interne inviate a migliaia di dipendenti federali avrebbero reiterato lo stesso messaggio, attribuendo ai leader democratici del Congresso la responsabilità del blocco.

Naturalmente, la portavoce della Casa Bianca, Abigail Jackson, ha difeso l’operato dell’amministrazione sostenendo che «non si tratta di propaganda, ma di semplice verità: i Democratici hanno effettivamente provocato lo shutdown rifiutando una legge di spesa pulita»[6]. Ma qualche dubbio legittimo sull’uso improprio delle piattaforme e delle risorse pubbliche per fini propagandistici resta.

Mentre lo shutdown paralizza l’amministrazione, dunque, la Casa Bianca intensifica la propria presenza digitale, trasformando i siti governativi in strumenti di narrazione partigiana. In tal modo, (anche) l’emergenza finanziaria diventa anche una crisi di etica pubblica: un momento in cui la linea che separa l’informazione istituzionale dalla propaganda viene deliberatamente offuscata.

 

Luigi Testa

 

[1] Tutto il procedimento parlamentare si può seguire sul sito del Congresso al link https://www.congress.gov/crs-appropriations-status-table.

[2] ‘Don't even bother dealing with them,’ Trump says of Democrats’ shutdown demands, Politico, 9 settembre 2025

[3] Congressional Budget Office, A Quantitative Analysis of the Effects of the Government Shutdown on the Economy Under Three Scenarios, as of October 29, 2025: https://www.cbo.gov/publication/61823.

[4] Si veda l’analisi dell’impatto economico dello shutdown pubblicato sul sito di J.P.Morgan: https://www.jpmorgan.com/insights/global-research/current-events/government-shutdown.

[5] Senate Republicans brush off Trump's push to end filibuster, Reuters, 6 novembre 2025.

[6] Trump Administration Accused of Breaking Law Over Government Shutdown, Newsweek, 2 ottobre 2025.