Capturing the state and “polexiting” the Union – Un saggio di pessimismo costituzionale

2021-07-12

di Tomasz Tadeusz Koncewicz*

 

Da POLEXIT a E(U)EXIT: figura retorica o realtà (già) inquietante?**

Nel contesto polacco, il contenuto della dottrina anti-costituzionale è stato affermato e i nuovi paradigmi della narrazione contro-liberale sono stati messi in atto. Con il processo sull’UE e sul suo ordine giuridico portato avanti dalla corte, si è davvero raggiunto un punto di non ritorno. Con questo sviluppo, la nuova dottrina ha chiaramente azzerato l’UE e il suo sistema giudiziario.

Gli attacchi alla Corte di giustizia dell’UE (CGUE) non solo emarginano la Polonia all’interno della più ampia comunità politica, spingendola fuori dall’UE, ma trasformano nuovamente un cittadino polacco in un servitore dello stato oltre che in un cittadino europeo di seconda classe, privato della protezione offerta ai cittadini di altri paesi dal diritto europeo e dalla Corte. È un ritorno a un mondo in cui un cittadino non ha alcuna possibilità – deve brillare della luce riflessa dello stato ed obbedire alla sua volontà. Deve vivere all’ombra di “una costituzione della paura”. Qui arriviamo al punto: qual è lo spirito del diritto europeo? Si tratta solo di una metafora dal suono accattivante? Grazie al diritto europeo e alla giurisdizione della Corte di giustizia, un cittadino vive “ai margini dei sistemi” e non appartiene più esclusivamente al territorio delimitato dai confini del “proprio” stato. I cittadini possono determinarsi liberamente e decidere dove vogliono lavorare o comprare un’auto. Il diritto europeo è sopravvissuto per più di mezzo secolo proprio perché è stato applicato ai casi dei singoli cittadini dai tribunali locali degli stati membri.

Lo spirito dell’integrazione, dunque, consiste nel liberare il cittadino dallo stato onnipotente alla cui ombra il cittadino ha vissuto finora, e nella stretta osservanza delle sentenze emesse. La contraddizione tra la visione e gli ideali europei e la dottrina che il partito Diritto e Giustizia (in polacco Prawo i Sprawiedliwość, PiS) vive e respira, è quindi fondamentale. Mentre, secondo il PiS, il cittadino deve vivere all’ombra della “costituzione della paura”, che permette allo Stato di interferire senza limiti con i diritti e la vita dei cittadini, l’Europa del dopoguerra promuove una cultura costituzionale di contenimento e moderazione. Mentre lo “stato del PiS” si sforza a tutti i costi di schiacciare il cittadino nel quadro statale, l’Unione lo libera da questo quadro e ci apre nuove opportunità. Mentre il diritto europeo dà la possibilità di vincere con lo stato potente (il recupero delle accise da parte degli importatori polacchi di auto usate è uno dei tanti esempi), nella disputa tra lo “stato PiS” e il cittadino, il primo vorrebbe che i propri obblighi comunitari fossero un mero pezzo di carta senza valore. Per il PiS, un buon cittadino è un cittadino controllato, convinto che le decisioni dello stato siano sempre buone e che le accetti docilmente.

 

Sulle rovine dello stato di diritto, sono i cittadini che devono interrogarsi sulle conseguenze europee di vasta portata (per loro stessi) della politica paranoica del PiS, dove tutti sono nemici che complottano per danneggiare la Polonia – l’eletta tra le nazioni, uno stato che mette in discussione le basi dell’Unione, e rifiuta l’autorità dei tribunali e le decisioni giudiziarie. I cittadini devono capire che eleggere un partito che rifiuta la separazione dei poteri e la tolleranza per gli altri, e che promuove lo sciovinismo e le divisioni mentre eleva al rango di “virtù” politiche la diffidenza, la meschinità e il desiderio di vendetta, ha un costo che un giorno dovrà essere pagato. I cittadini che hanno a cuore l’Europa e la permanenza della Polonia in Europa non possono accettare il rifiuto del nucleo fondamentale dell’integrazione e del diritto europeo. Gli autocrati legalisti del governo del PiS, sostenuti dalla “autorità” dell’illegale gruppo di persone mascherate da giudici, ci mostrano come funziona il captured state. Oggi non possiamo p2iù negare che davanti ai nostri occhi si sta svolgendo uno spettacolo in cui ognuno gioca il proprio ruolo del gioco politico chiamato “Come manipolare il diritto e le istituzioni?” e “Come distruggere il diritto e le istituzioni quando resistono?”. Fa paura pensare a cosa succederà quando i cittadini crederanno (o credono già?) a questo spettacolo politicamente filtrato.

Il rispetto dei tribunali e delle loro decisioni e la fiducia nel potere riformatore del diritto sono stati in primo piano nel processo di integrazione europea e hanno definito il consenso liberale del dopoguerra. L’autorità della Corte di giustizia, il carattere vincolante delle sue sentenze e l’emancipazione dei tribunali nazionali nella sfera del diritto dell’Unione erano parti essenziali del consenso originario che ha aperto la strada alle prime Comunità europee. Il distruttivo e antagonista self-help e la ritorsione sono stati esclusi, così come il principio contrattuale del do ut des secondo il quale “io eseguo finché tu esegui”. Invece, gli Stati sono stati obbligati a rispettare i loro obblighi comunitari indipendentemente dal fatto che gli altri facessero lo stesso. Si è lasciato alla corte – con la propria logica, il proprio quadro(/i) argomentativo(/i) e il proprio insieme di principi – il compito di definire il contenuto e la portata degli obblighi assunti il giorno dell’adesione. Affinché la comunità di diritto sopravviva, ogni azione unilaterale degli Stati deve essere bandita dal gergo comunitario. Tutte le controversie dovevano essere risolte nell’ambito del sistema giudiziario europeo e le sentenze della Corte di giustizia sarebbero state vincolanti per tutte le parti del contratto. In questo modo, il costituzionalismo liberale del dopoguerra ha mantenuto la sua promessa e il suo obiettivo del “mai più”. Quest’ultimo era sostenuto da tre proposizioni fondamentali: i) la Costituzione è la ultimate law of the land che ii) disciplina le maggioranze passeggere attraverso il regime dei diritti costituzionali e delle istituzioni indipendenti. Ultimo ma non meno importante, iii) ogni potere politico è un potere limitato dai tribunali. I tribunali sovranazionali, la Corte di giustizia dell’UE e la Corte europea dei diritti dell’uomo del Consiglio d’Europa, hanno uno speciale ruolo limitativo da svolgere. La promessa del “mai più” sarebbe dovuta essere la lezione duratura appresa dal passato.

Il mondo del costituzionalismo europeo del dopoguerra è definito dalla moderazione e dal contenimento e, come tale, è lontano dai nuovi attori autoritari. Per loro, l’argomento “perché abbiamo vinto” calpesta tutto. Con il ritorno di una regola maggioritaria così ottusa e di una politica senza esclusione di colpi si dimentica ciò che ha messo l’Europa sull’orlo del baratro nel XX secolo lasciandola in macerie. Tutto questo spiega perché la Corte di giustizia (o qualsiasi altro tribunale) è diventata l’acerrimo nemico del regime autoritario in Polonia. In linea con la narrativa dominante, tutte le istituzioni indipendenti devono essere conquistate al servizio della maggioranza al potere. Il problema con la Corte di giustizia, tuttavia, è che non può essere catturata, come nel caso della Corte costituzionale polacca, dei tribunali ordinari e ora della Corte suprema. Così, essa deve essere ridicolizzata, i suoi giudici sono sottoposti ad attacchi personali, e le sue decisioni sono apertamente sfidate e caratterizzate come un inammissibile intervento sui diritti sovrani del popolo polacco. Come qui dimostrato, uno dei principi della nuova dottrina è che non c’è posto per nessuna istituzione (giudiziaria) indipendente che non possa essere controllata. 

Il palcoscenico per lo scontro principale tra due tipi di legalità opposte è stato così fissato. Rifiutando la Corte di giustizia, catturando la magistratura indipendente, svuotando il controllo giudiziario, attaccando il meccanismo del rinvio pregiudiziale e riscrivendo nel suo complesso lo stato di diritto liberale, la Polonia sta voltando le spalle alla comunità di diritto e ai principi che generazioni di polacchi hanno desiderato dopo il 1945, e che ora sembrano ... incredibilmente ambivalenti.

Nel 2021, al posto dell’attuale diffusione di bugie che avvelenano cuori e anime, la raison d’état polacca ha bisogno di una narrazione civica, di una riflessione e di una discussione sulla futura forma dell’Europa oltre che sul posto della Polonia all’interno di essa. Sono stati i cittadini polacchi a votare per l’adesione. È molto probabile che gli stessi cittadini dovranno presto votare a favore della nostra permanenza nell’Unione, visto il passo senza precedenti della “pseudo-corte costituzionale” nel minare una delle pietre miliari dell’integrazione europea nella forma del rinvio pregiudiziale e l’intimidazione verso i giudici che applicano il diritto europeo. Chi avrebbe pensato che, 16 anni dopo l’adesione della Polonia all’UE, sarebbe stato necessario ricordare i fondamenti dell’ordinamento giuridico dell’UE, a cui ci siamo impegnati volontariamente, e che una tale discussione avrebbe assunto un’importanza esistenziale di fronte all’imminente POLEXIT. Quando rifiutiamo i fondamenti sopra indicati e il contesto specifico in cui la corte di giustizia funziona, POLEXIT cessa di essere solamente una figura retorica… Oggi viviamo non solo in uno stato privo di qualsiasi forma di check and balances. Viviamo in uno stato in cui le autorità possono praticamente fare qualsiasi cosa, nel pieno di una pandemia globale, che viene utilizzata come scusa conveniente per consolidare ulteriormente il potere e ridurre i diritti civili. Gli sforzi degli ultimi cinque anni per impadronirsi delle istituzioni indipendenti stanno cadendo in un orrendo tutt’uno nel peggior momento possibile sia per l’Europa, sia per i nostri diritti civili e le libertà. Se la crisi finanziaria e la Brexit sono senza dubbio eventi che fanno riflettere sul futuro dell’Unione europea e sul modello ottimale di integrazione europea, la crisi di valori nella forma di uno stato membro dell’UE che mina la democrazia liberale, lo stato di diritto e i diritti delle minoranze, così come gli attacchi ai tribunali indipendenti, colpiscono gli stessi fondamenti assiologici dell’Unione e mette in discussione la sua continuità.

Pertanto, ricordarsi dei fondamenti diventa un fattore chiave. Non possiamo dare per scontata l’appartenenza della Polonia all’Unione e trattarla come un elemento della nostra vita quotidiana. Le libertà dei cittadini dell’UE di viaggiare, lavorare, fare acquisti a Berlino, vacanze in Grecia non ci sono state date una volta per tutte solo perché la Polonia è la nazione eletta che merita sempre qualcosa. Abbiamo dimenticato che solo 16 anni fa un confine ci separava dall’Europa e che per viaggiare era necessario un passaporto? Quando rinunciamo alla comunità e violiamo gli obblighi che definiscono il nostro impegno verso la comunità, dobbiamo essere pronti a rinunciare anche all’apertura normativa e a tutte le opportunità e i diritti soggettivi che derivano dall’appartenenza a una comunità di diritto e di valori comuni. Ricordarcelo dovrebbe essere una risposta civica all’odioso avvelenamento dei cuori e delle anime dei polacchi da parte della narrativa (data dall’ignoranza) di un’Europa cattiva che complotta contro la Polonia, che non apprezza la nostra individualità, che mina la nostra sovranità, ecc. È necessario andare oltre la micro prospettiva dominante in Polonia, determinata dalle dispute che avvengono “qui e ora”, a favore di macro-riflessioni: “cosa c’è dopo?”. La domanda fondamentale è come questo “qui e ora” influenzerà le nostre vite e le cambierà in futuro. Pensare all’Europa in termini di comunità e valori che vincolano gli stati e le nazioni europee è di particolare importanza nella Polonia del 2021. La “tragedia costituzionale polacca” degli ultimi cinque anni e le disastrose conseguenze dell’allontanamento dall’Europa, con tutti i suoi difetti e imperfezioni, devono essere un monito costante contro il non possumus civile. Pensiamo all’Europa, votiamo per l’Europa (e la Polonia in essa), e comprendiamo le disastrose conseguenze di vasta portata dell’attuale politica polacca.

Gli eventi degli ultimi anni, insieme agli incessanti annunci di ritorsione contro la Corte UE e ora il vero e proprio assalto all’integrità del diritto UE, sono tutti parte della guerra aperta del governo polacco (sostenuto senza ritegno da una revisione costituzionale armata) con la Corte di Giustizia. Questi eventi giustificano pienamente la seguente drammatica domanda: Quo vadis Polonia? Che ne è della volontà di rispettare gli impegni, le sentenze e le procedure assunte volontariamente? Mentre scrivo queste parole, è giunto il momento di riconoscere che l’intero profilo costituzionale della Polonia post-1989 è stato irrimediabilmente compromesso. Armeggiare qua e là, sperando scioccamente che l’UE venga in nostro soccorso, deve essere finalmente abbandonato.

Purtroppo, la vigliaccheria dell’UE, la palese incompetenza della Commissione europea e la mancanza di spina dorsale della sua leadership non aiutano affatto. Sono lasciati soli quelli tra noi che – nonostante tutte le delusioni e lo scoraggiamento – credono ancora, e vogliono credere, in un’Europa pacifica, unita e integrata come valore che tiene insieme i popoli europei. È ora di gridare senza mezzi termini che oggi sono il malessere collettivo e l’evasione delle istituzioni comunitarie a permettere effetti che sono e saranno impossibili da far retrocedere. Roma è stata bruciata, eppure la Commissione continua ad armeggiare dialogando con i piromani, attenendosi pedissequamente al suo futile repertorio di grandi gesti e comunicati stampa pieni di vane promesse… Qualcuno sta ancora ascoltando a Bruxelles? O porgere l’altra guancia è diventato semplicemente la nuova normalità per i burocrati europei? Il patto spudorato di barattare lo stato di diritto per salvare il bilancio (è una lieve descrizione della resa e dell’umiliazione istituzionale della Commissione) non fa che corroborare il fatto che il custode dei trattati, una volta orgoglioso, è diventato un burattino nelle mani degli stati membri. È giunto il momento di riconoscerlo e di chiamare le cose con il loro nome, piuttosto che fingere che il commissario Jourova abbia qualcosa di interessante da dire. La tragedia costituzionale europea vede la Commissione diventare parte del problema, piuttosto che una soluzione … L’Unione è svuotata e priva di qualsiasi principio guida che non sia il mercato interno (per un’analisi più dettagliata vedere qui). Questo è quanto di peggio possa esistere.

 

Da POLEXIT a E(U)EXIT e ritorno

Tutto questo procrastinare europeo, e l’ultima negligenza da parte di coloro che dovrebbero essere in prima linea per salvare gli ultimi resti dello stato di diritto e della credibilità giuridica europea, si svolge con l’ausilio della retorica della guerra sovrana a livello interno. Qui i solisti sono i rappresentanti del governo, che si superano in ignoranza, risse giudiziarie e scene di lacrimevole martirio nella speranza che il loro elettorato lo noti e lo apprezzi. Si tratta di uno spettacolo in cui una corte pseudo-costituzionale parla della conformità del rinvio pregiudiziale alla Costituzione polacca, tiene un processo sulla legalità delle decisioni della Corte di giustizia e crea un’apparenza di legalità. Questo nuovo illegal business as usual diventa la nuova normalità e nessuno sembra più preoccuparsene. Nel frattempo, il parlamento continua gli sforzi legislativi per impadronirsi dei resti di una magistratura indipendente e rendere inutili le richieste dei tribunali polacchi alla corte. Da una tragicommedia, questo spettacolo si trasforma in un dramma dello stato di diritto quando il Vice Ministro della Giustizia combatte contro i giudici ribelli usando una campagna mediatica su internet. E l’UE osserva tutto questo mentre invia una nuova raffica di lettere di protesta e inventa risibili “compromessi” con gli autocrati.

 

Imparare dal passato o continuare a ripetere gli stessi errori?

C’è un risultato più generale da tutto questo. Ci siamo concentrati troppo su come la presa in Polonia ha cambiato il profilo costituzionale dello stato. Data l’ampia evidenza, è giunto il momento di riconoscere che il processo deliberato di rimozione della componente “comunità di diritto” dall’ordinamento giuridico dell’Unione altera il profilo costituzionale dell’Unione stessa.   La “comunità del diritto” non serve più come stella polare per le azioni delle istituzioni. Una volta cara, la “comunità di diritto” diventa uno slogan vuoto. Da bene non negoziabile, è stata declassata ad essere un’altra carta da giocare ed eventualmente scambiare qualora il calcolo istituzionale lo richieda. Proprio davanti ai nostri occhi l’UE sta diventando un’unione di stati senza regole. Questo è esattamente come e quando la POLEXIT interna incontra la E(U)EXIT sovranazionale.  Questa non è l’ennesima figura allegorica (che vorrei tanto che fosse) ma piuttosto un riconoscimento concreto della tragica realtà circostante.

La posta in gioco europea (e i costi) del rimescolamento costituzionale interno che sta avvenendo sotto i nostri occhi dovrebbe essere espresso in tante parole: o rispetti le regole fondamentali della comunità che hai volontariamente accettato il giorno dell’adesione o te ne vai. Con gli implacabili attacchi alla Corte e al sistema giudiziario dell’UE in seguito all’evirazione della revisione costituzionale e all’incapacità del potere giudiziario, gli stessi paradigmi che hanno plasmato le trasformazioni democratiche polacche nel e dopo il 1989 sono messi in discussione. Quando la legge e le istituzioni cominciano a servire la politica spietata, invece di civilizzarla e costringerla, uno dei fondamenti dell’ordine europeo del dopoguerra viene distrutto – la convinzione che ogni potere politico debba essere limitato e controllato da istituzioni indipendenti da esso, soprattutto dai tribunali. L’onestà è necessaria più che mai, e dobbiamo essere consapevoli della posta in gioco in questa politica senza compromessi. Non è meno una scelta tra la nostra partecipazione alla comunità giuridica europea, di cui abbiamo accettato volontariamente le regole e i principi nel 2004 e che era stata il sogno e l’aspirazione di intere generazioni di polacchi dopo il 1945, o … un POLEXIT definitivo.

Eppure, per rendere ancora più miserabile questo triste stato di cose, la POLEXIT ha ora trovato un potente alleato sovranazionale. Con la “comunità del diritto” felicemente messa da parte dalle istituzioni e dai padroni non vincolati dei trattati, stiamo guardando negli occhi la E(U)EXIT: le istituzioni che erano state progettate per agire come valvola di sicurezza e freno d’emergenza contro gli impulsi autoritari degli stati stanno ora giocando la loro parte nel permettere e guidare i pericoli che avrebbero dovuto evitare. La decadenza costituzionale va oltre l’interno e si riversa nel sovranazionale. Viviamo in tempi che favoriscono la malafede costituzionale, la disonestà e il voltarsi dall’altra parte quando qualcosa avrebbe dovuto essere detto e fatto anche se solo per ragioni simboliche. In tempi come questi, i simboli costituzionali di decenza e resilienza contano più che mai, eppure non ne abbiamo più nessuno a cui ricorrere.

 

E questa è l’ultima affermazione del pessimismo.

 

* La presente analisi è parte del progetto di ricerca H2020 Reconnect, del quale l'autore è uno dei ricercatori principali.

 

** Per una più dettagliata illustrazione dei problemi affrontati in questa sede, si rinvia alla versione del testo in lingua inglese disponibile ai seguenti link: Parte I, Parte IIParte III