Anticipazione DPCE Online 2-2020 - La sentenza del Bundesverfassungsgericht del 5 maggio 2020 sulla BCE: una decisione contraddittoria

2020-05-13

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1. Introduzione

Non è la prima volta che la Corte costituzionale tedesca emette una sentenza controversa e di grande impatto in materia di integrazione europea (evidenziando i suoi limiti, o controlimiti). La decisione del 5 maggio, a pochi giorni dalla sua pubblicazione, è stata già stata sottoposta a numerose critiche, soprattutto in relazione alle conseguenze di tipo istituzionale ed economico. In questa nota vorrei mettere in luce alcune sue intrinseche contraddizioni.

2. La sentenza del 5 maggio 2020

La decisione del Secondo Senato della Corte costituzionale tedesca ha ad oggetto il programma di acquisto di titoli pubblici (Public Sector Purchase Program – PSPP) adottato dalla Banca Centrale Europea (BCE) il 4 marzo 2015 e successivamente modificato varie volte.

Come noto, il programma di acquisto in estrema sintesi prevede l’acquisto sul mercato secondario, da parte delle banche centrali nazionali, dei titoli di Stato. Questa misura mirava, attraverso l’immissione di moneta, a favorire l’assestamento del tasso di inflazione intorno al livello reputato ottimale del 2%, con ciò provocando il ribasso dei tassi di interesse sui titoli di debito degli Stati in difficoltà finanziaria.

Molti privati cittadini tedeschi hanno fatto ricorso in via diretta al Bundesverfassungsgericht (BVG) lamentando la violazione dei loro diritti costituzionalmente garantiti, segnatamente i diritti derivanti dal principio democratico, di sovranità popolare, e di sovranità del Bundestag in materia di bilancio.

Nel giudizio di costituzionalità assumono rilievo centrale le decisioni della BCE, sulla cui validità è competente a giudicare la Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE). Pertanto il BVG ha attuato il rinvio pregiudiziale, chiedendo alla Corte europea se le decisioni della BCE violassero i Trattati (in particolare il divieto di finanziamento monetario ex art. 123 TFUE e il principio di attribuzione ex art. 5 TUE, eccedendo il mandato in materia di politica monetaria conferito alla BCE e sconfinando invece in materia di politica di bilancio, riservata agli Stati).

La CGUE con decisione dell’11 dicembre 2018[1] ha risposto ai quesiti del BVG, affermando che il programma di acquisto, così come deciso dalla BCE, è legittimo in quanto non eccede le competenze della BCE e non viola il divieto di finanziamento monetario[2].

Tuttavia, con una sentenza dirompente (ma non del tutto inaspettata) del 5 maggio 2020, il BVG ha ritenuto di non essere vincolato alla decisione resa dalla CGUE in via pregiudiziale, e ha affermato che le decisioni della BCE sul programma di acquisto sono illegittime in quanto violano il Verhältnismaβigkeitsprinzip[3] (ritenendo l’illegittimità sanabile con un supplemento di motivazione ex-post, da rendere entro tre mesi).

Al di là di qualsiasi valutazione o giudizio politico, la pronuncia – a parere di chi scrive – si caratterizza per una serie di contraddizioni sul piano squisitamente giuridico

3. Le contraddizioni della sentenza

3.1. I destinatari formali della sentenza e i destinatari sostanziali

La prima contraddizione risiede nella scissione tra i destinatari formali della sentenza e quelli che sembrano essere i destinatari sostanziali.

I destinatari formali della decisione sono il governo federale tedesco e il Bundestag. Questi organi costituzionali tedeschi hanno violato, secondo la Corte, i diritti costituzionali[4] dei cittadini tedeschi ricorrenti, perché hanno omesso di intraprendere azioni per verificare che le decisioni della BCE in materia di PSPP fossero conformi al principio di proporzionalità. La sentenza del BVG è dunque volta a sanzionare l’inerzia del governo tedesco.

Non vi è dubbio, però, che i destinatari sostanziali siano (non solo, ma perlomeno anche) gli organi dell’Unione, primo fra tutti le BCE. Secondo la Corte, gli organi tedeschi avrebbero dovuto richiedere alla BCE di esplicitare tutte le valutazioni effettuate per dare vita al - e poi proseguire nel - programma d’acquisto, al fine di sottoporre a un’attenta verifica le decisioni della BCE alla luce del principio di proporzionalità. Dunque, se ne induce che la BCE, da parte sua, abbia omesso per prima di comunicare tali informazioni.

Il BVG non è competente a valutare la legittimità degli atti degli organi dell’UE (tra cui la BCE) perché tale competenza appartiene alla CGUE. Tuttavia, la Corte tedesca aggira questo limite censurando l’inerzia del governo tedesco nel controllare gli atti della BCE.

La confusione tra i destinatari della sentenza emerge in tutta la sua contraddittorietà nel § 235, laddove la Corte ordina alla Bundesbank di non dare più esecuzione al programma di acquisto, dunque di non acquistare più titoli (concedendo un periodo transitorio di tre mesi ritenuti sufficienti per il necessario coordinamento con il sistema delle banche centrali). Tuttavia, il BVG prevede una condizione risolutiva per tale divieto imposto alla Bundesbank: essa potrà continuare a dare esecuzione al programma di acquisto qualora, nel corso dei tre mesi di transizione, il Consiglio della BCE adotti una nuova decisione in cui espliciti e motivi adeguatamente la ponderazione effettuata tra gli obiettivi di politica monetaria e le conseguenze sulle politiche economiche e fiscali, dimostrandone la proporzionalità. E’ interessante notare che nel testo tedesco della sentenza si legge che la nuova decisione della BCE deve essere nachvollziehbar (comprensibile), mentre nella versione inglese pubblicata sul sito del BVG (che per ovvi motivi è la versione più letta all’estero) si sia sentita la necessità di specificare che la nuova decisione deve essere non solo comprensibile, ma anche adeguatamente motivata (comprehensible and substantiated).

È evidente che il destinatario diretto del divieto di acquistare titoli di Stato (la Bundesbank) celi in realtà il vero destinatario (indiretto) della sentenza, il Consiglio della BCE, su cui la Corte tenta di imporre non solo un obbligo di adottare una nuova decisione, ma anche con un obbligo di motivazione rafforzato.

3.2. Il rapporto tra il Bundesverfassungsgericht e la CGUE

  1. a) La contraddizione nel chiedere il rinvio pregiudiziale per poi disattenderlo

 Il BVG ha effettuato il rinvio pregiudiziale alla CGUE chiedendo proprio di valutare la legittimità delle decisioni della BCE, quindi affermando la competenza (esclusiva) della CGUE sulla validità di atti degli organi UE. Tuttavia, una volta ricevuta una risposta non in linea con la sua opinione, decide di disattendere la decisione della CGUE. Sembrerebbe che la BVG abbia richiesto un “parere” alla CGUE, sperando di ottenere un giudizio convergente su cui fondare con maggiore sicurezza la propria decisione. Peraltro, proprio il governo italiano aveva eccepito l’irricevibilità del rinvio pregiudiziale alla CGUE sottolineando come esso fosse articolato più come richiesta di un parere piuttosto che il rinvio pregiudiziale alla corte competente a decidere in modo definitivo la questione.

 

  1. b) La contraddizione nel definire ultra-vires la sentenza della CGUE per poi emettere a sua volta una sentenza ultra-vires

 Il BVG afferma testualmente che la sentenza della Corte europea è “schlechterdings nicht mehr nachvollziehbar” (assolutamente non comprensibile) e resa “ultra vires” (§ 116). I giudici del Secondo Senato di Karlsruhe ritengono che la CGUE non abbia esercitato in modo pieno i poteri ad essa attribuiti, adottando un ingiustificato self-restraint nei confronti della BCE. Il BVG dedica molte e complesse pagine alla motivazione in base alla quale una sentenza biasimata per l’eccesso di self-restraint possa essere definita ultra-vires. In estrema sintesi i passaggi fondamentali possono riassumersi nel modo seguente.

La Corte tedesca accusa la Corte di Giustizia di aver effettuato il controllo di proporzionalità sulle decisioni della BCE in modo troppo debole, essendosi limitata a verificare l’assenza di misure “offensichtlich außer Verhältnis” (manifestamente sproporzionate) (§ 156).

Questa erronea (debole) applicazione del principio di proporzionalità condurrebbe a un mancato controllo circa il rispetto del principio di attribuzione ex art 5 TUE. In questo modo, la BCE potrebbe ampliare le proprie competenze oltre quelle ad essa attribuite dal Trattato. La CGUE, omettendo di applicare uno standard di scrutinio intenso, avrebbe consentito questa indebita estensione delle competenze della BCE, contravvenendo al compito ad essa attribuito dal Trattato. L’ultimo passaggio di tale complessa motivazione si legge nel § 154, dove (se non con volo pindarico almeno con un piccolo salto logico) la Corte afferma che l’interpretazione del principio di proporzionalità adottato dalla Corte europea “überschreiten offensichtlich” (eccede manifestamente) il mandato ad essa attribuito dall’art. 19, comma 1, TUE, e determina un trasferimento di competenze ai danni degli Stati membri. Pertanto “la decisione della CGUE rappresenta un atto ultra-vires che non è vincolante per il BVG in questo caso[5]”.

Come conseguenza di ciò, il BVG ritiene di dover esercitare essa stessa i poteri (non esercitati) della CGUE, con ciò agendo ultra-vires poiché tale potere non le spetta.

In un paragrafo denso di significato (il § 164) il BVG disattende una serie di principi fondamentali del diritto dell’Unione[6]. La Corte tedesca afferma che per poter decidere in merito all’asserita inerzia degli organi tedeschi viene in rilievo una questione preliminare, ovvero la validità delle decisioni della BCE. Per i motivi illustrati sopra la Corte non può basarsi sulla decisione della CGUE. Pertanto, il BVG ritiene di dover procedere essa stessa a un nuovo scrutinio delle decisioni della BCE, adottando come parametro di legittimità le norme dei Trattati.

Infine, la corte di Karlsruhe afferma che le decisioni della BCE sul programma di acquisto “mangels hinreichender Erwägungen zur Verhältnismäßigkeit” (non contengono motivazioni sufficienti a dimostrare la loro proporzionalità), e quindi esorbitano le competenze attribuite dall’art. 127 TFUE, che sono limitate alla politica monetaria e a “sostenere le politiche economiche generali”. Il BVG sottolinea ancora che il Sistema europeo di banche centrali può supportare le politiche economiche nell’Unione, ma non può prefissarsi e perseguire una sua propria agenda di politica economica.

Dunque, il BVG ha definito ultra-vires la sentenza della Corte europea (perché ha applicato un eccessivo self-restraint) e come conseguenza ha deciso di attribuirsi il potere di giudicare sulla validità degli atti della BCE, adottando così essa stessa una decisione ultra-vires.

3.3. Le funzioni della BCE: organo indipendente o politico?

La sentenza in esame contiene ulteriori contraddizioni rispetto alle funzioni della BCE.

Il BVG dedica numerosi paragrafi (precisamente dal 165 al 179) all’esame delle varie componenti economico-sociali e fiscali che la BCE avrebbe dovuto prendere in considerazione e bilanciare con l’obiettivo meramente monetario alla base del PSPP. In particolare, secondo la corte tedesca, la BCE avrebbe dovuto esaminare e valutare l’impatto del piano di acquisti sulle politiche fiscali e di bilancio degli Stati Membri (§§ 170-171), sul settore bancario (§ 172), sui privati che subiscono numerosi effetti indiretti in qualità di proprietari immobiliari, affittuari, etc., sottoposti al rischio di creare bolle immobiliari, così come ingenti perdite per i risparmiatori (§ 173), sulle società non redditizie che possono continuare a sopravvivere chiedendo prestiti a basso costo pur non essendo remunerative (§ 174), sul ruolo dello stesso SEBC che con il tempo diviene sempre più dipendente dagli Stati Membri (§ 175).

A ben vedere, possono scorgersi due profili di contraddittorietà in relazione alle funzioni della BCE.

In primo luogo, la BCE, organo indipendente[7], che si vuole impermeabile alle pressioni governative, a seguire il ragionamento della pronuncia, verrebbe a ricevere istruzioni da una corte costituzionale nazionale circa il merito delle proprie decisioni.

In secondo luogo, il BVG critica la BCE per non aver tenuto conto delle conseguenze in termini di politica economica e fiscale del programma di acquisto, violando così il principio di attribuzione e di proporzionalità. Tuttavia, la BCE non è competente in materia di politica economica e fiscale. Il ragionamento è quasi paradossale: considerando unicamente la politica monetaria (di cui è competente), la BCE agisce ultra-vires perché omette di considerare altri aspetti (di cui però non è competente).

Inoltre, il Secondo Senato evidenzia che le scelte squisitamente monetarie hanno importanti conseguenze in termini economici e sociali (ad esempio “aiutare” attraverso il PSPP gli Stati che emettono debito significa abbassare i tassi di interesse e quindi provoca svantaggi per i risparmiatori). La Corte non lo dice esplicitamente, ma sviluppando a pieno questo concetto sembra di poter leggere tra le righe della sentenza un invito di portata molto significativa: la BCE nell’adottare il piano di acquisti ha compiuto scelte non meramente monetarie, bensì anche economiche e sociali. Dunque, la BCE ha compiuto scelte non meramente tecniche, bensì anche “politiche” e come tali dovevano essere esplicitate. La ponderazione tra un obiettivo apparentemente tecnico come il livello di inflazione da un lato, e le ricadute economico-sociali sui risparmiatori, affittuari, proprietari immobiliari, titolari di polizze etc. dall’altro lato, implica una valutazione e una scelta politica, che come tale deve essere presentata, dichiarando esplicitamente tutti i termini della questione, tutte le conseguenze, e motivando adeguatamente le scelte. Rendere pubbliche le valutazioni economico-sociali avrebbe consentito ai governi nazionali e ai governatori delle banche centrali nazionali di prendere posizione sul piano di acquisti. La Corte tedesca paventa proprio il rischio di una “monetary dominance” (utilizzando la lingua inglese anche nel testo tedesco, al § 171) della BCE, che può determinare le politiche fiscali degli Stati Membri, ai quali sarebbe così sottratta la possibilità di stabilire in autonomia delle buone politiche di bilancio.

3.4. Le (negate) ripercussioni sugli interventi per il Covid-19

Nel testo della sentenza non si fa mai riferimento al Pandemic Emergency Purchase Programme (PEPP) e alle discussioni sulle possibili azioni da intraprendere per contrastare l’emergenza finanziaria derivante dall’epidemia da Covid-19. Tali nuovi ed eventuali programmi non potevano, ovviamente, essere oggetto del giudizio per questioni temporali.

Tuttavia, nel comunicato stampa pubblicato sul sito del BVG in cui vengono sintetizzati i fatti e le motivazioni principali della sentenza, proprio nel primo paragrafo si legge che “le misure di assistenza finanziaria dell’UE o della BCE collegate all’attuale crisi da coronavirus non sono oggetto della presente decisione”[8]. Una tale excusatio non petita richiede una lettura particolarmente attenta dei paragrafi che il BVG dedica alla descrizione dei meccanismi di condivisione del rischio del PSPP, per verificare se le condizioni fissate in questa decisione possano in qualche modo prefigurare un indirizzo per decisioni successive.

Invero, nelle pieghe delle motivazioni si trovano alcuni passaggi che potrebbero prefigurare le coordinate per una eventuale successiva decisione su nuovi programmi di acquisto (ivi incluse le varie soluzioni attualmente in discussione per fronteggiare le conseguenze finanziarie della pandemia da Coronavirus).

Il BVG, nel constatare che la BCE ha progressivamente allentato le maglie dei requisiti per accedere al programma di acquisto, fa poi una precisazione molto netta. Si legge, infatti, che “qualsiasi abbassamento dei criteri al di sotto del rating Credit Quality Step 3” (§ 208) determinerebbe un eccessivo abbassamento degli standard. Tale precisazione è fatta pro-futuro, e se la Corte la ritiene applicabile all’attuale PSPP non avrebbe motivo per non applicarla anche a eventuali futuri programmi di acquisto.

Ancor più netto, però, è il ragionamento svolto nei §§ dal 222 al 228. In essi il BVG afferma che lo schema per l’allocazione dei rischi del PSPP non viola il principio di responsabilità e autonomia di bilancio del Bundestag. La Corte si basa sulla sua precedente giurisprudenza[9], richiamando “die vom Senat entwickelten Grenzen der haushaltspolitischen Gesamtverantwortung des Deutschen Bundestages”, ovvero i limiti delineati dal Secondo Senato della responsabilità generale di bilancio del Bundestag (§ 227, citando i propri precedenti del 2012 e del 2019). In base a tale dottrina, il principio democratico impone che il parlamento tedesco resti responsabile del bilancio. Pertanto non è consentito sottoscrivere trattati internazionali da cui possano derivare ingenti conseguenze finanziarie che non necessitino dell’approvazione del Bundestag.

La Corte costituzionale tedesca precisa che l’attuale struttura di allocazione dei rischi del PSPP è compatibile con il principio democratico (§ 228), in quanto non è prevista una redistribuzione del debito sovrano tra gli Stati Membri. La Corte riporta tutte le limitazioni previste alla redistribuzione e condivisione delle perdite tra Stati Membri, affermando che tali limitazioni tutelano e rendono possibile il controllo del Bundestag sulla politica generale di bilancio. L’attuale regime di risk-sharing è un fattore determinante (§ 225).

Infine, il Bundesverfassungsgericht afferma chiaramente che “considerando il volume dei bond acquistati in base al PSPP, che ammonta a oltre 2 mila miliardi di Euro, tale regime di risk-sharing, per lo meno se fosse soggetto a (retroattivi) cambiamenti” contrasterebbe con il principio di responsabilità di bilancio del Bundestag così come delineato da questo Senato “perché ciò potrebbe condurre a una ricapitalizzazione della Bundesbank, dunque comporterebbe un’assunzione di responsabilità per decisioni prese da terzi con conseguenze potenzialmente imprevedibili” (§ 227). È difficile non vedere in queste motivazioni un qualche riferimento alle attuali discussioni sui programmi di acquisto per fronteggiare l’emergenza sanitaria da coronavirus. E, forse, le sembianze di un precedente della Corte cui richiamarsi in occasione di future decisioni.

4. Le possibili conseguenze della sentenza

Quali saranno le reali conseguenze della sentenza in esame non è al momento prevedibile. Si possono, però, formulare delle ipotesi.

Le reazioni istituzionali ipotizzabili possono provenire da due soggetti: la Corte europea e la BCE.

4.1. Le reazioni della CGUE

La Corte di Giustizia ha già pubblicato un comunicato stampa a seguito della sentenza[10] del Bundesverfassungsgericht, in cui risponde in modo lapidario, ricordando che le sue sentenze rese in via pregiudiziale vincolano il giudice a quo, e che solo la CGUE è competente a valutare la legittimità degli atti delle istituzioni dell’Unione.

Peraltro, appare verosimile che nella sua futura giurisprudenza la CGUE troverà il modo di “rispondere” a due obiter dicta della sentenza dei giudici tedeschi che la riguardano.

In primo luogo, per giustificare il proprio dissenso rispetto alla Corte europea, il BVG afferma che la CGUE “ha il compito di interpretare e applicare i Trattati, e di assicurare l’uniformità e la coerenza del diritto dell’Unione” (§ 111), mentre la Corte costituzionale tedesca ha il compito di giudicare eventuali atti ultra-vires delle istituzioni europee. Invero, tali atti esorbitano dalle competenze dell’Unione e violano i principi costituzionali tedeschi, primo fra tutti il principio democratico in base al quale le scelte politiche devono provenire da soggetti democraticamente legittimati (“ogni atto dell’autorità pubblica in Germania deve poter trovare fondamento nella volontà popolare”, § 99). In sostanza, i giudici di Karlsruhe affermano che la Corte europea valuta la legittimità degli atti dell’UE alla luce del diritto europeo, mentre le è estranea la prospettiva costituzionale. Quindi il vaglio alla luce dei principi costituzionali lo deve fare il BVG. Talvolta queste due prospettive (verfassungsrechtliche vs. unionsrechtliche Perspektive)  non coincidono e ciò spiega le diverse conclusioni cui giungono i due giudici.

In secondo luogo, la Corte tedesca afferma che la Corte europea deve applicare le tradizioni costituzionali comuni. Queste non coincidono né possono coincidere con i principi sviluppati e applicati da ogni corte costituzionale nazionale. Tuttavia, aggiunge, la CGUE non può manifestamente ignorare un principio costituzionale generale comune agli Stati Membri (§ 112).

4.2. Le reazioni della BCE

Come si è visto, la Corte costituzionale tedesca ha chiesto (indirettamente) alla BCE di adottare una nuova decisione, adeguatamente motivata, in cui renda espliciti tutti gli elementi (in termini di conseguenze sulle politiche economiche, sociali e fiscali) valutati e ponderati prima di giungere alle decisioni che hanno dato vita al PSPP. Solo con questo supplemento di motivazione sarà possibile valutare realmente la proporzionalità delle misure adottate.

La BCE potrebbe (astrattamente) dare seguito alle richieste di Karlsruhe, ma in questo modo riconoscerebbe al BVG se non la giurisdizione almeno un potere di controllo sui suoi atti che il Trattato non prevede. Peraltro, costituirebbe un pericoloso precedente perché le future decisioni della BCE potrebbero essere scrutinate dalle Corti costituzionali di ciascun Paese, potendo le stesse giungere a conclusioni diverse, rendendo impossibile il funzionamento del meccanismo.

La BCE potrebbe anche decidere, al contrario, di non rispondere in alcun modo al BVG, dando così un forte segnale, ma rischiando una difficile impasse, visto che il Presidente della Bundesbank Jens Weidmann ha dichiarato[11] - lo stesso 5 maggio - che si impegnerà per ricevere i chiarimenti dalla BCE, e la Bundesbank terminato il periodo transitorio di tre mesi ha il divieto di acquistare titoli di Stato in base al PSPP.

Sembra più plausibile una soluzione intermedia, ovvero che la BCE troverà un modo per chiarire le valutazioni effettuate, magari richiamando gli atti già adottati con qualche piccola precisazione, ma senza dar seguito in maniera puntuale alle richieste del BVG.

È interessante sottolineare che anche la BCE (che peraltro aveva deciso di non partecipare alla discussione orale dinanzi al BVG del 30 luglio 2019) ha pubblicato un comunicato stampa alquanto piccato lo stesso 5 maggio[12].

In esso si legge che il Consiglio della BCE resta pienamente impegnato nel proprio mandato per fare tutto ciò che è necessario per assicurare che l’inflazione raggiunga i livelli prestabiliti. Aggiunge poi che farà di tutto affinché la sua politica monetaria sia attuata in tutti i Paesi dell’Eurozona. Infine, conclude sottolineando che la Corte di Giustizia ha già deciso, con la sentenza del dicembre 2018, che la BCE ha agito entro i limiti della propria competenza.

5. Conclusioni

Come visto, anche all’esito di questa breve analisi, emergono le contraddizioni e le criticità della sentenza del 5 maggio.

Tali contraddizioni in parte rispecchiano alcune questioni fondamentali che sono da tempo oggetto di discussione.

In particolare, la sentenza affronta due nodi fondamentali su cui vi è ampio dibattito, non solo in Germania. In primo luogo, la Corte sottolinea che gli Stati sono tuttora Herren der Verträge e che l’Unione non si è mai evoluta in uno Stato Federale (§ 111). In secondo luogo, il BVG afferma che quando un’istituzione o organo europeo agisce ultra-vires, quindi oltre le competenze attribuite dai Trattati (di cui solo gli Stati Membri sono padroni, quindi solo da loro può provenire un ampliamento delle competenze) “viene a mancare, almeno nei confronti della Germania, il minimo di legittimazione democratica necessaria” in base alle norme costituzionali tedesche.

Tuttavia, anche in questo caso, la soluzione che la Corte offre a tali legittime questioni sono contraddittorie.

Dopo aver chiarito che i casi in cui organi dell’UE agiscono ultra-vires sono molto rari e devono essere risolti con “spirito cooperativo”, il BVG sostanzialmente si attribuisce la competenza per decidere tali casi. Secondo i giudici di Karlsruhe, se è vero che la primazia del diritto UE sarebbe minata qualora ogni Stato potesse vagliare la legittimità degli atti dell’UE, è pur vero che “se tutti gli Stati si astenessero dall’esercitare un controllo su atti ultra-vires, essi garantirebbero agli organi UE un controllo esclusivo sui Trattati” (§ 111).

Il BVG in sostanza afferma che ha esercitato il controllo ultra-vires anche nell’interesse di tutti gli altri Stati Membri (che altrimenti avrebbero perso il controllo sui Trattati e sulle competenze da attribuire all’UE). Tuttavia, gli altri Stati Membri non hanno mai conferito tale mandato alla Germania, anzi alcuni si sono costituiti nel giudizio dinanzi alla CGUE per difendere l’operato della BCE.

Inoltre, nell’ambito del controllo giurisdizionale su atti ultra-vires, il BVG  richiama i principi generali così come definiti nella propria giurisprudenza (allo stesso modo, quando definisce il principio di proporzionalità, lamenta che la CGUE non abbia adottato in modo esplicito lo scrutinio trifasico elaborato in materia, che distingue tra Geeignetheit, Erforderlichkeit e Angemessenheit, ovvero idoneità, necessità, adeguatezza[13]).

Un simile approccio, che rivendica un ruolo preminente di una corte nazionale per risolvere questioni europee, può sicuramente incontrare il favore di alcuni, probabilmente del popolo tedesco in primis (o almeno di una sua larga parte). Tuttavia, nel contesto europeo complessivo potrebbe anche portare a una eterogenesi dei fini, con un progressivo svilimento dell’importanza di questa sentenza, che nei suoi contenuti più dirompenti non è sostenibile a livello europeo.

 

 

 

Angela Ferrari Zumbini

Dip.to di Scienze Sociali

Università degli Studi di Napoli Federico II

angela.ferrarizumbini@unina.it

 

[1] Corte di Giustizia dell’Unione europea, Grande Sezione, sentenza C-493/17 dell’11 dicembre 2018.

[2] Numerosi sono stati i commenti alla sentenza: in senso parzialmente critico, soprattutto per il controllo debole sul principio di proporzionalità, si veda M. Dawson and A. Bobic, Quantitative easing at the Court of Justice – Doing whatever it takes to save the euro: Weiss and Others, in Common Market Law Review, n. 4/2019, pp. 1005 ss . Il conflitto tra le due Corti derivante dalla sentenza sul rinvio pregiudiziale era stato già sottolineato da S. Dietz, Die gerichtliche Kontrolle der EZB durch den EuGH und das BVerfG – ein Konfliktfall im Verfassungsgerichtsverbund und Eurosystem?, in Europäische Zeitschrift für Wirtschaftsrecht, 2019, pp. 925 ss.

[3] Per una ricostruzione storica del principio di proporzionalità nell’ordinamento tedesco, fin dal Polizeirecht, ci si limita a richiamare P. Lerche, Übermaß und Verfassungsrecht – zur Bindung des Gesetzgebers an die Grundsätze der Verhältnismäßigkeit und der Erforderlichkeit, 1961.

[4] In particolare, la Corte ritiene violati i diritti costituzionali previsti all’art. 38, comma 1 (I deputati del Bundestag sono eletti a suffragio universale, diretto, libero, uguale e segreto. Essi sono i rappresentanti di tutto il popolo, non sono vincolati da mandati né da direttive e sono soggetti soltanto alla loro coscienza) in combinato disposto con l’art. 20, commi 1 (La Repubblica Federale Tedesca è uno Stato federale democratico e sociale ) e 2 (Tutto il potere statale emana dal popolo. Esso è esercitato dal popolo per mezzo di elezioni e di votazioni e per mezzo di organi speciali investiti di poteri legislativo, esecutivo e giudiziario), e con l’art. 79, comma 3 (Non è consentita alcuna modifica della presente Legge fondamentale che riguardi l'articolazione della Federazione in Länder, il principio della partecipazione dei Länder alla legislazione o i princìpi enunciati agli articoli 1 e 20).

[5] § 154 della sentenza, traduzione mia, non ufficiale. Il testo tedesco recita: “Es stellt sich deshalb als Ultra-vires-Akt dar, der das Bundesverfassungsgericht in dieser Frage nicht bindet”.

[6] Peraltro, la violazione del diritto UE da parte di un organo giurisdizionale di ultimo grado può comportare l’avvio di una procedura di infrazione ai sensi dell’art. 258 TFUE, come è avvenuto nel caso Traghetti del Mediterraneo, causa C-379/10, decisa con sentenza della Corte di Giustizia del 24 novembre 2011.

[7] Sulla natura e il ruolo della BCE ci si limita a rinviare a C. Zilioli, A.L. Riso, New tasks and Central Bank independence: The Eurosystem experience, in P. Conti-Brown, R.M. Lastra (a cura di), Research Handbook on Central Banking, 2018.

[8] “Aktuelle finanzielle Hilfsmaßnahmen der Europäischen Union oder der EZB im Zusammenhang mit der gegenwärtigen Corona-Krise sind nicht Gegenstand der Entscheidung”. Il testo del comunicato stampa è disponibile all’indirizzo www.bundesverfassungsgericht.de/Sha­redDocs/Presse­mitteilungen/DE/2020/bvg20-032.html;jsessionid=D28CCA3C71769A31BE16644­DAC1EC205.1_cid361

[9] Da ultimo, la sentenza del Bundesverfassungsgericht del 30 luglio 2019, ma prima ancora la sentenza del 12 settembre 2012 sul MES, su cui sia consentito rinviare a A. Ferrari Zumbini, La sentenza del Bundesverfassungsgericht sul Meccanismo Europeo di Stabilità e sul Fiscal Compact, in Rivista giuridica del mezzogiorno, n. 1-2/2013, pp. 43 ss.

[10] Comunicato stampa dell’8 maggio 2020, reperibile all’indirizzo https://curia.euro­pa.eu/jcms/up­load/docs/ap­­plication/pdf/2020-05/cp200058it.pdf

[11] https://www.bundesbank.de/de/presse/pressenotizen/erklaerung-von-bundesbankpraesident-jens-weidmann-zum-urteil-des-bundesverfassungsgerichts-832412.

[12]https://www.ecb.europa.eu//press/pr/date/2020/html/ecb.pr200505~00a09107a9.en.html.

[13] La Corte richiama le radici del principio di proporzionalità, rinvenendole non solo nel diritto tedesco ma anche nel Common Law. Invero, quando richiama lo schema trifasico del test di proporzionalità, ne afferma la ormai diffusione non solo nella giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell’Uomo e nella CGUE, ma anche in tutte le giurisdizione nazionali europee. Sul punto, la Corte cita (nel testo tedesco, mentre tali citazioni non sono riportate nel testo inglese), le opere di autori anglosassoni,  come P. Craig, Proportionality, Rationality and Review, in New Zealand Law Review, 2010, pp. 265 ss, e il libro di A. Stone-Sweet e J. Mathews, Proportionality Balancing and Constitutional Governance, 2019.