La difficile realizzabilità di un impeachment del Presidente Trump

2018-05-18

di Giancarlo Rando

 Donald Trump è uno dei Presidenti degli Stati Uniti più discussi della storia, in patria e fuori. Ma è da guinness dei primati il fatto che già nel gennaio del 2017, ancor prima dell’insediamento, alcuni senatori democratici abbiano presentato una proposta di legge dove si richiede al Presidente la divestiture dei suoi interessi in conflitto con la sua carica pubblica[1] e si afferma con chiarezza che una eventuale violazione della legge proposta, nonché dell’Ethics in Government Act, avrebbe costituito high crime or misdemeanor ai sensi della impeachment clause della Costituzione statunitense. L’obiettivo di questo breve contributo è duplice: ricostruire sommariamente le vicende che hanno portato a discorrere di un possibile impeachment presidenziale e inquadrare le possibilità concrete di una messa in stato d’accusa, alla luce della ricostruzione dell’istituto, operata dalla dottrina e dalla prassi parlamentare.

Il 9 dicembre 2016 alcuni vertici dell’intelligence statunitense affermarono che con ragionevole certezza vi erano stati tentativi di hacker russi di influenzare le elezioni presidenziali, inizialmente con l’obiettivo di indebolire Hillary Clinton, successivamente di favorire l’affermazione di Donald Trump. È, forse, l’inizio di quello che nella cronaca giornalistica, non senza qualche semplificazione, viene definito Russiagate, ossia un possibile coinvolgimento del Presidente Trump (e della sua squadra di collaboratori) in un tentativo da parte di informatici russi (non facilmente riconducibili, come è ovvio, ai vertici di governo della Federazione russa) di influire sulla contesa elettorale per le presidenziali del 2016. Le condotte illecite degli hacker iniziarono nel marzo del 2016, quando la casella e-mail del responsabile della campagna presidenziale di Hillary Clinton, John Podesta fu oggetto di phishing da parte di due crewdi haker russi, chiamate APT 28 e APT 29. Attraverso il furto delle password dell’e-mail di Podesta, gli hacker riuscirono a penetrare nel database del Comitato nazionale democratico (Democratic National Committee, DNC). Tramite un altro gruppo di hacker, denominato Guccifer 2.0, vennero diffusi, presso siti di file-sharing e presso la stampa statunitense, informazioni sensibili del Comitato nazionale democratico quali in particolare le strategie da utilizzare nella campagna elettorale contro Trump e report finanziari del Partito democratico. Nel giugno del 2016, inoltre, Wikileaks, per il tramite del fondatore Julian Assange, diffuse ulteriori documenti relativi alle strategie anti-Trump del Partito democratico, trapelati dagli archivi del DNC violati dagli hacker, pubblicati subito dopo dalla stampa statunitense.

Il 6 gennaio 2017 il Presidente uscente Barack Obama rese noti i risultati di una indagine, da lui ordinata, condotta dalle tre agenzie investigative statunitensi (CIA, FBI, NSA), che ritenne accertato da parte di gruppi di informatici russi il tentativo di indebolire, in una fase iniziale, Hillary Clinton e di favorire, in un momento successivo, Donald Trump. Nel marzo del 2017 arrivò l’ennesima dichiarazione, sempre da parte del FBI per bocca del suo direttore, James Comey, che di fronte alla commissione di intelligence del Senato confermò il legame degli hacker responsabili dell’attacco agli archivi del Partito democratico con la Russia e dichiarò che l’agenzia stava investigando sui legami eventuali tra la Russia e il Presidente Trump, ai tempi della campagna elettorale. Ed è qui che l’affaire diventa più propriamente, per così dire, Russiagate, nel momento in cui si ipotizzano accordi (o legami) tra Donald Trump e lo storico “nemico” della democrazia americana. Un passaggio decisivo, poi, è rappresentato dalla rimozione dall’ufficio di direttore del FBI di James Comey, avvenuta il 10 maggio 2017. James Comey era stato nominato originariamente da G.W. Bush al dipartimento di Giustizia, successivamente posto da Obama a capo del FBI e riconfermato da Trump. Secondo alcune ricostruzioni giornalistiche Trump avrebbe chiesto nel febbraio del 2017 a Comey di chiudere l’iniziativa investigativa nei confronti di uno stretto collaboratore di Trump, Michael Flynn, ex consigliere per la sicurezza nazionale, indagato per i suoi legami con Russia e Turchia.

Nel maggio del 2017 entrò in scena un altro attore divenuto negli ultimi tempi fondamentale nelle vicende di cui si discorre, l’ex direttore del FBI Robert S. Mueller[2], nominato dal dipartimento della Giustizia[3], a seguito delle richieste dei parlamentari democratici ed anche di alcuni repubblicani, come procuratore speciale (special counsel) nell’indagine sulle interferenze russe sulla campagna presidenziale del 2016. L’indagine del procuratore speciale Mueller è al momento focalizzata su tre filoni principali: l’interferenza di matrice russa nella campagna elettorale statunitense del 2016, la possibile collaborazione tra russi e il comitato a sostegno di Donald Trump e, infine, eventuali ostacoli alla giustizia da parte del Presidente Trump. Al momento Mueller sostiene che il Presidente Trump non è coinvolto nell’inchiesta penale. Per parte sua Trump si era detto disposto ad una audizione con il procuratore speciale anche se, da ultimo, le perquisizioni ordinate da Mueller nei confronti dell’avvocato di fiducia di Trump, Michael Cohen, hanno allontanato l’ipotesi dell’incontro.

Può essere utile ricostruire brevemente il procedimento che può condurre alla messa in stato d’accusa e alla eventuale destituzione di un funzionario pubblico statunitense, per quanto qui interessa del Presidente degli Stati Uniti d’America[4].

La Costituzione affida la responsabilità del procedimento di impeachment ai due rami del Congresso: la Camera dei Rappresentanti avrà la titolarità esclusiva del potere di accusa[5] mentre al Senato è conferita la competenza, sempre in via esclusiva, del giudizio finale[6].

Qualsiasi membro della Camera dei rappresentanti può promuovere l’avvio del procedimento di impeachment con una accusa formale, nei confronti di una qualsiasi persona investita di una carica pubblica che si presuma colpevole di una delle impeachable offenses. Se le accuse sono ritenute fondate la Camera può dare inizio all’istruttoria o assegnare ad una specifica Commissione il compito di esaminare la questione e ripresentarla in aula. La fase istruttoria si conclude con la presentazione di una relazione, nella quale la Commissione si pronuncia per la messa in stato d’accusa oppure raccomanda la chiusura del procedimento. Se la maggioranza dei presenti della Camera vota per la procedibilità viene dato l’incarico alla stessa Commissione di elaborare i singoli capi d’accusa, ossia di redigere i c.d. articles of impeachment. È dunque interessante notare che per promuovere il procedimento di accusa davanti al Senato non è necessaria una maggioranza qualificata ma basta la comune maggioranza assoluta dei componenti per la validità delle deliberazioni indi la maggioranza dei presenti.

Approvata la messa in stato d’accusa si apre la fase del giudizio, davanti al Senato. Se l’accusa è promossa nei confronti del Presidente degli Stati Uniti a presiedere il Senato in veste di organo giudicante è il Chief Justice della Corte Suprema. Dopo che il Senato si sia costituito come organo giudicante, viene notificata all’accusato la citazione a comparire e successivamente si procede alla fase acquisitiva, ossia alla raccolta delle prove sugli illeciti contestati dai managersdell’accusa. L’istruttoria può essere affidata all’intero Senato (in tal modo si resterebbe più fedeli alla lettera della Costituzione) oppure ad una Commissione ad hoc, e questa è la soluzione preferita per non paralizzare, a causa della complessità dei lavori, l’attività ordinaria dell’aula. Una volta conclusa la fase di acquisizione delle prove si passa alla fase dibattimentale, che prevede la discussione finale davanti all’intero Senato. Dopo la presentazione dell’arringa conclusiva da parte dell’accusa e data, a porte chiuse, a ciascun membro del Senato la possibilità di esprimere la propria opinione sulla presunta colpevolezza dell’imputato, inizia la fase della votazione. I senatori votano separatamente su ciascun article of impeachment, con un sì o con un no. Se la maggioranza dei due terzi dei senatori vota per la colpevolezza su almeno uno degli articles, vi sarà l’emissione di una sentenza di condanna.

Le questioni più intricate con riferimento all’impeachment sono, però, quelle legate all’individuazione delle condotte rilevanti ai fini della messa in stato d’accusa (le c.d. impeachable offenses). Il testo costituzionale, infatti, individua tre categorie di reati suscettibili di impeachment[7] e la lettera della norma si presta ad una varietà di interpretazioni, con un dibattito dottrinale sul punto non ancora del tutto sopito.

La nozione costituzionale di tradimento (treason) è stata pensata dai Costituenti americani in maniera volutamente restrittiva, per evitare il proliferare di fattispecie e quindi di accuse di tradimento potenzialmente distruttive della comunità. L’art. III, sez. 3, comma 1, stabilisce che deve essere considerato tradimento contro gli Stati Uniti soltanto l’aver impugnato le armi contro di essi o l’aver fatto causa comune con i nemici degli Stati Uniti fornendo loro aiuti e soccorsi.

Anche la fattispecie di corruzione/concussione (bribery), nonostante non sia come il treason definita in Costituzione, non pone particolari problemi interpretativi, poiché è desumibile dal common law.

Non altrettanto agevole è la soluzione con riferimento all’espressione high crimes and misdemeanors. Pur non essendo questa la sede per ripercorrere i dibattiti dottrinali sul punto, le domande che l’espressione pone sono almeno queste: sono impeachable offenses solo i c.d. indictable crimes, ossia comportamenti sanzionati penalmente? lo sono anche tutti quei comportamenti la cui condotta costituisca violazione di norme costituzionali? vi sono crimini per i quali un pubblico ufficiale può essere assoggettato solo alla giustizia comune, se ciò non porta ad una menomazione delle sue prerogative costituzionali oppure ogni reato, in quanto tale, deve essere ritenuto lesivo della pubblica funzione?

La lettera della Costituzione non aiuta a trovare le risposte per cui è necessario il riferimento ad un’interpretazione sistematica ed evolutiva, guardando alla prassi, con particolare riferimento ai casi che hanno coinvolto i Presidenti. Anche se, come detto, l’istituto dell’impeachment fu pensato dai costituenti americani non solo per il vertice dell’esecutivo ma per tutti i pubblici ufficiali, l’ufficio del Presidente degli Stati Uniti è stato considerato, non senza contrasti, peculiare rispetto agli altri e ciò ha portato anche a soluzioni differenti per casi simili[8].

Il caso del Presidente Andrew Johnson, che dopo un primo tentativo andato a vuoto nel 1867 fu messo in stato d’accusa nel 1868, dimostrò come, nonostante la ferma volontà del partito avversario di destituire il Presidente e la presenza di un’ampia maggioranza (repubblicana) che avrebbe consentito un voto favorevole, non si volle creare il pericoloso precedente di una rimozione fondata su esili basi giuridiche e su un indubbio intento di natura politica. Il tentativo di messa in stato d’accusa del Presidente Richard Nixon non andò a buon fine per le sue dimissioni prima del voto della Camera dei Rappresentanti. Eppure l’ampio dibattito parlamentare precedente, nonché le conclusioni cui giunse la Commissione giustizia nella elaborazione degli articles, fornirono indicazioni interessanti per la ricostruzione della fattispecie degli high crimes and misdemeanors. Furono considerati rientranti nella categoria anche condotte che non costituivano indictable crimes, purché poste in essere nell’esercizio di poteri presidenziali, implicitamente escludendo quei comportamenti di natura privata dell’accusato posti in essere al di fuori delle funzioni proprie dell’ufficio ricoperto. Il caso dell’impeachment (novembre 1998-febbraio 1999) di Bill Clinton fornì l’occasione di dibattere sulla natura dei reati contestati al Presidente e sui loro legami con la carica pubblica. Clinton fu accusato di due indictable crimes, il reato di falsa testimonianza davanti ad un Grand Jury e quello di ostruzione alla giustizia. Mentre il reato di falsa testimonianza (tra le altre contestazioni) portò, tempo prima, alla destituzione del giudice Claiborne, nel caso di Clinton il Senato sposò sostanzialmente (per lo meno di fatto) alcune argomentazioni della difesa, secondo le quali al contrario della carica di giudice, quella presidenziale è elettiva e limitata nel tempo, per cui è necessario che gli illeciti contestati al Presidente siano di una gravità tale da giustificare la smentita del voto popolare senza attendere le successive elezioni.

La prassi parlamentare sull’impeachment, in particolare nei confronti del Presidente, non ha dato soluzioni definitive all’interpretazione della fattispecie ma pare avere chiarito alcuni punti fermi. Il significato dell’espressione high crimes and misdemeanors non deve essere rintracciato tanto nel diritto penale ma deve essere individuato nell’ambito del disegno costituzionale complessivo, ossia il sistema di equilibrio dei poteri garantito dai checks and balances. Affinché un comportamento sia considerato high crime or misdemeanor è determinante che incida sul corretto esercizio della carica pubblica che la Costituzione vuole proteggere. I comportamenti individuali possono essere giudicati dalle Corti ordinarie mentre la normativa sull’impeachment è pensata per tutelare l’ufficio e non per la punizione del singolo[9].

Gli episodi, pur controversi, ai quali si è fatto riferimento nella prima parte di questo scritto, non paiono finora potersi sostanziare in concrete impeachable offenses. Il licenziamento del direttore del FBI che indaga sulla campagna presidenziale può destare sospetto, ma è tecnicamente nell’alveo delle attribuzioni presidenziali. Il rifiuto del Presidente di liberarsi degli interessi economici in possibile conflitto con il suo ruolo è certamente contrario alle regole etiche e giuridiche[10] alle quali sono assoggettati tutti i funzionari dell’esecutivo statunitense, ma non configura un’ipotesi di bribery o di collusione con governi esteri e con fatica, una volta considerato high crime or misdemeanor, diventerebbe fondamento giuridico per la destituzione dalla carica. Non vi sono prove che il Presidente Trump si sia accordato con il governo russo per danneggiare Hillary Clinton durante la campagna presidenziale, il che con tutta probabilità integrerebbe la fattispecie di treason prevista dalla Costituzione. Oltre alla mancanza di sicuri appigli giuridici, come si diceva, l’impeachment rimane una decisione a tutela delle prerogative costituzionali essenzialmente di natura politica, anche secondo quanto voluto dai Framers. E dal momento che non c’è, né alla Camera né al Senato, una maggioranza sufficiente interessata alla messa in stato d’accusa del Presidente le possibilità concrete che Donald Trump sia assoggettato ad impeachment sono, allo stato attuale, estremamente basse.

 

[1] Sul suo ingombrante conflitto di interessi si veda, se si vuole, il mio contributo su questo Osservatorio, President Trump’s House of Cards: troppi interessi, nessuna azione risolutiva. Il bill si può leggere qui: https://www.cardin.senate.gov/imo/media/doc/TEXT_Presidential_Conflicts_of_Interest_Act_of_2017.pdf.

[2] Direttore del FBI, nominato da G.W. Bush, in carica due anni oltre il normale mandato decennale, su richiesta dell’allora Presidente B. Obama.

[3] In particolare dal vice segretario del Department of Justice, Rod Rosenstein.

[4] Si veda, per questa ricostruzione nonché per approfondimenti dottrinali sulle tematiche che qui, per la natura e lo spazio del contributo, possono essere solo sfiorate, il lavoro di M. Oliviero, L’impeachment. Dalle origini inglesi all’esperienza degli Stati Uniti d’America, Torino, Giappichelli, 2001.

[5] «… shall have the sole power of impeachment» (art. I, sez. 2, comma 5).

[6] «… the sole power to try all impeachments» (art. I, sez. 3, comma 6).

[7] «treason, bribery, or other high crimes and misdemeanors» (art. II, sez. 4).

[8] Il riferimento è al caso del giudice Claiborne, rimosso dall’ufficio, per accuse simili a quelle del Presidente Clinton che invece, come noto, incontrò il voto favorevole del Senato all’esito della messa in stato d’accusa.

[9] Così, molto chiaramente, riassume il dibattito M. Oliviero, op. cit., p. 124.

[10] Il già ricordato Ethics in Government Act del 1978.